Il National Biodiversity Future Center partecipa alla COP16, con ISPRA e il Ministero dell’Ambiente. La COP (Conference of the Parties) è l’organo di governo della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), trattato internazionale adottato al Summit di Rio de Janeiro nel 1992. La quindicesima COP della Convenzione sulla Diversità Biologica delle Nazioni Unite si è conclusa nel Dicembre 2022 in Canada con un accordo, il “Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework” (GBF), con il quale si stabilirono 4 obiettivi generali e 23 obiettivi specifici (https://www.cbd.int/gbf/targets) da raggiungere entro il 2030 per fermare la catastrofica perdita di biodiversità che ormai è un dato accertato. Dopo due anni, la COP16 in corso a Cali, dal 21 Ottobre al 1 Novembre, si conferma come un evento di portata mondiale con 23000 partecipanti di 196 paesi riuniti per il primo vertice sulla biodiversità dopo l'adozione del Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework. Una città nella città.
Gli obiettivi del GBF sono molto ambiziosi e questa COP parte in salita perché, tra le altre cose, i paesi devono verificare l'applicazione di questo accordo che riguarda anche la sottomissione dei rapporti nazionali per documentare i loro sforzi per raggiungere i 23 obiettivi globali fissati: tra gli altri, il cosiddetto “obiettivo 30×30”, proteggere il 30% delle terre e dei mari e ripristinare il 30% degli ecosistemi degradati. Il primo dato che salta agli occhi che ad oggi solo 35 paesi su 198 hanno sottomesso i report (https://www.cbd.int/reports) e questo chiaramente fornisce un quadro della difficoltà del processo e del ritardo sui target. La buona notizia è che l’Italia è fra coloro ad aver sottomesso il report, quella cattiva è che risulta evidente che il livello di tutela del nostro territorio è molto basso e le risorse per raggiungere gli obiettivi al 2030 insufficienti, come recentemente discusso a Palermo al meeting annuale di NFBC (https://www.nbfc.it/en/forum-nazionale-biodiversita-2024).
A Cali, si cerca di lavorare per il 2030 e l’evento è davvero impressionante per numero di attività. Nella Blue Zone, cuore della COP, centinaia di incontri fra i paesi partecipanti e negoziazioni sino a tarda notte, per produrre documenti condivisi che serviranno per indicare misure decisive e piani di azione. La sensazione però è che questa COP dovrà soprattutto definire la visione strategica e le risorse da investire in concreto nei prossimi anni per far fronte all’erosione del capitale naturale.
I temi da finalizzare in un contesto in cui la protezione della biodiversità vive il continuo compromesso degli interessi economici sono tantissimi, tra gli altri: informazioni sulla sequenza digitale sulle risorse genetiche, mobilitazione delle risorse, rafforzamento e sviluppo delle capacità, cooperazione tecnica e scientifica, comunicazioni, educazione e sensibilizzazione del pubblico, integrazione della biodiversità all'interno e tra i settori, gestione sostenibile della fauna selvatica. Oltre a questo, la COP tenta sicuramente una maggiore inclusività e si parla moltissimo di come rendere possibile la partecipazione nei processi di planning e protezione del territorio delle popolazioni indigene, delle NGO, delle donne e dei giovani. Un aspetto relativamente nuovo per la COP è il business e come incorporare i diversi valori della natura nel processo decisionale, cosa non semplice ma su cui anche il NFBC sta lavorando moltissimo. Parallelamente, i Side Events, eventi collaterali della CBD che completano le sessioni ufficiali e forniscono uno spazio per scienziati, ONG, comunità indigene e settore privato per incontrarsi, condividere conoscenze, esperienze e proposte relative alla conservazione della biodiversità. Inutile dire che l’atmosfera è unica, vitale, piena di giovani e di donne e sembra incredibile che tutta questa energia possa non dare origine ad accelerazioni e significativi passi in avanti verso una strategia globale di tutela della biodiversità.
António Guterres ha aperto la COP con uno lo slogan “Peace with Nature” che vuole essere un invito a cambiare radicalmente il nostro rapporto con l’ambiente a partire dall’adozione di modelli economici sostenibili. Speriamo non rimanga uno slogan.
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